Le vendite dei domini tedeschi sono in crescita e registrano cifre veramente notevoli. Vediamo alcuni dati. Secondo quanto riporta DnJournal nello scorso anno sono state segnalate le seguenti vendite sopra i € 10k:
2013
.DE 20 vendite (Fotograf.de €89k – Schokolade.de €63k – GayForum.de €35k – Kurzreise.de €33k – Singlebörse.de IDN €30k … )
.IT 2 vendite (Cavalli.it €12k – Farmaci.it €20k)
.FR 3 vendite
.ES 1 vendita
2014
.DE 20 vendite (Autos.de €120k – Kaffee.de €100k – Musik.de €99,9k – Chat.de €65k … )
.IT 4 vendite (Like.it €55k – Donna.it €22k – Green.it – €16,4k – Affinita.it €12k)
.FR 5 vendite
.ES 0 vendite
Senza dimenticare Shopping.de venduto per ben €1,960,000 nel 2008. Netto ed evidente in termini di quantità e qualità il divario tra .DE e .IT
Come si spiega questo fenomeno?
Dando uno sguardo superficiale si può ricondurre il motivo ad una maggiore predisposizione e cultura dei tedeschi verso il web, motivo a prima vista sufficiente a giustificare un dominio incontrastato ed assoluto nel continente europeo; a questo si potrebbe aggiungere una giustificazione di tipo infrastrutturale (mancanza di reti adeguate in Italia), ed un motivo economico, essendo la Germania l’economia leader in Europa.
Andando ad analizzare in maniera più approfondita la situazione, risulta chiaro che, se si trattasse soltanto di un fattore economico, avremmo la Germania in testa alle classifiche di vendita (ed effettivamente questo corrisponde alla realtà), ma dovremmo avere anche numerose altre nazioni di gran lunga sopra l’Italia, che economicamente non sta vivendo un periodo facile.
Come mai Stati come Regno Unito, Francia, Stati del nord Europa non ci sovrastano nel mercato secondario dei domini, come invece avviene in altri campi?
Spinto da queste curiosità, ho chiesto a Simone Ferracuti un’opinione sul mercato italiano confrontato con Francia, Spagna e Germania.
Simone è il principale broker su transazioni domini italiani, con esperienza pluriennale nel settore, in passato country manager per l’Italia di Sedo, cofondatore di Namecase.com e direttore generale di Nidoma.com, per citare solo le principali voci del suo operato.
Il discorso è nato, come ho premesso, da considerazioni sul mercato dei domini italiano, che come sappiamo non brilla per volumi e per vendite.
Secondo le esperienze di vendita di Simone (oltre i motivi oggettivi che ho riportato nell’introduzione), “i prezzi medi dei .it sono comunque più alti, anche di molto, per esempio dei .fr e dei .es, e la spiegazione è “facile”: spagnoli e francesi parlano lingue molto più internazionali della nostra. Questo li spinge ad investire quindi di più sui domini di parole nella loro lingua ma di estensione .com, per evidenti motivi, legati anche all’esistenza di diversi Stati, al di fuori dei loro confini, di lingua spagnola o francese. In Francia, Spagna o anche UK ha molto più valore e senso investire sul .com che sul TLD nazionale.”
In poche parole: Spagna, Francia e UK preferiscono investire su una keyword nella loro lingua, ma con estensione .com
Riflettendo sulla risposta di Simone ho chiesto: “A parte gli handicap infrastrutturali ed economici che creano un forte divario tra Italia e Germania, in realtà il mercato dei domini italiano e tedesco sono molto più simili di quanto sembri dai volumi di vendita?”
“Esatto. È da questo che si comprende il potenziale di crescita del mercato Italiano, dal confronto di Italia e Germania.”
Il potenziale, chiaramente, non può prescindere dalla situazione economica e infrastrutturale del nostro Paese, ma, a parità di queste condizioni, il nostro mercato sarebbe molto più simile a quello tedesco.
Sono considerazioni che (per chi ha un occhio ottimista e fiducioso verso il futuro del domaining italiano) dovrebbero spiegare il motivo per cui diverse società straniere investono su domini .IT e potrebbero essere da incentivo per un futuro del domaining italiano più roseo e meno grigio.
Paolo De Gregorio
paolinope29
Domainr.it